Delle retribuzioni non corrisposte dall’appaltatore risponde anche il committente, a cui il lavoratore può rivolgersi direttamente. Per la Cassazione si tratta di responsabilità solidale piena, non sussidiaria.
Sussiste responsabilità solidale piena e non sussidiaria tra committente ed appaltatore in riferimento al trattamento retributivo e contributivo del lavoratore addetto all’appalto. Per il recupero del credito, il lavoratore non è tenuto alla preventiva escussione del patrimonio del datore di lavoro-appaltatore. Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione, con Sentenza n. 444 del 10.01.2019, che, sebbene resa in relazione ad una fattispecie rientrante nella previgente disciplina dell’art. 29 D. Lgs 276/2003 – antecedente all’introduzione, con le modifiche del 2012, del beneficio della preventiva escussione- è di stretta attualità in considerazione delle più recenti riforme che hanno riguardato l’istituto. Il beneficio della preventiva escussione, introdotto appunto nel 2012, è stato abolito con il D.L. 25/2017, che ha ricondotto al quadro normativo del 2003 il regime di solidarietà tra committente ed appaltatore, sia in ordine alla loro posizione processuale che con riferimento alla possibilità riconosciuta ai ccnl di derogare alla disciplina legale in tema di responsabilità solidale negli appalti.
La sentenza in esame evidenzia come, sul piano processuale, non sussista litisconsorzio necessario tra committente ed appaltatore, né che vi sia, sul piano sostanziale, una gerarchia tra i debitori obbligati, essendo tutti esposti, in egual modo, nei confronti del lavoratore, per ogni suo credito retributivo sorto al tempo dell’appalto.