La Corte di Cassazione, con due recenti ordinanze, Ordinanze n. 21306 del 05.10.2020 e n. 22217 del 14.10.2020, è tornata ad occuparsi di licenziamenti collettivi ribadendo alcuni principi più volte espressi in riferimento alla riduzione del personale limitata ad un determinato reparto, investito delle esigenze tecnico-produttive giustificative del licenziamento.

Con queste pronunce la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito, in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, che la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore ove ricorrano oggettive esigenze tecnico – produttive. Nell’affermare questo il principio, i Giudici di legittimità hanno precisato, tuttavia, che è necessario che queste esigenze siano coerenti con le indicazioni contenute nella comunicazione di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 3, e che sia onere del datore di lavoro provare il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata, ponendosi così in continuità con il proprio orientamento sul punto (Cass. nn. 203, 4678 e 21476 del 2015, Cass. n. 2429 e 22655 del 2012, Cass. n. 9711 del 2011).

La Suprema Corte di Cassazione, con Ordinanze n. 21306 del 05.10.2020 e n. 22217 del 14.10.2020, ha stabilito, in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, che la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore ove ricorrano oggettive esigenze tecnico – produttive. Nell’affermare questo il principio, i Giudici di legittimità hanno precisato, tuttavia, che è necessario che queste esigenze siano coerenti con le indicazioni contenute nella comunicazione di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 3, e che sia onere del datore di lavoro provare il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata, ponendosi così in continuità con il proprio orientamento sul punto (Cass. nn. 203, 4678 e 21476 del 2015, Cass. n. 2429 e 22655 del 2012, Cass. n. 9711 del 2011).

Ne consegue che il datore di lavoro può circoscrivere ad una unità produttiva la platea dei lavoratori da licenziare ma deve indicare nella comunicazione della L. n. 223 del 1991, ex art. 4, comma 3, sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine, ciò al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti. Tant’è che, qualora nella comunicazione sopra richiamata, si faccia generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza alcuna specificazione delle unità produttive da sopprimere, i licenziamenti intimati sono illegittimi per violazione dell’obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali, secondo quanto già affermato in passato (cfr. Cass. n. 4678 del 2015 cit.).

Le Ordinanze in commento si soffermano anche su un altro principio più volte sancito dalla Cassazione, inerente alla comparazione dei lavoratori al fine di individuare quelli da avviare alla mobilità, affermando che la valutazione comparativa non debba necessariamente interessare l’intero complesso aziendale ma può avvenire nell’ambito della singola unità produttiva, secondo una legittima scelta dell’imprenditore ispirata al criterio legale delle esigenze tecnico – produttive, purché la predeterminazione del limitato campo di selezione sia giustificata dalle suddette esigenze tecnico-produttive ed organizzative, poste a base della riduzione del personale. La Corte ha escluso la sussistenza di dette esigenze ove i lavoratori da licenziare siano idonei – per acquisite esperienze e per pregresso e frequente svolgimento della propria attività in altri reparti dell’azienda con positivi risultati – ad occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti o sedi.

Le pronunce, conseguentemente, ribadiscono anche altri principi già più volte espressi in giurisprudenza sul tema, ossia che i motivi di restrizione della platea dei lavoratori da comparare devono essere adeguatamente esposti nella comunicazione di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 3, affinché le OO.SS. possano verificare il nesso fra le ragioni che determinano l’esubero di personale e le unità lavorative che l’azienda intenda concretamente espellere (ex plurimis Cass. n. 32387 del 2019, Cass. n. 203 del 2015; Cass. n. 22825 del 2009; Cass. n. 880 del 2013); che la delimitazione della platea dei lavoratori, destinatari del provvedimento di messa in mobilità o di licenziamento, è condizionata agli elementi acquisiti in sede di esame congiunto, nel senso cioè che, ove non emerga il carattere infungibile dei lavoratori collocati in CIGS o comunque in difetto di situazioni particolari evidenziate sempre in sede di esame congiunto, la scelta deve interessare i lavoratori addetti all’intero complesso (cfr. Cass. n. 981 del 2020, Cass. n. 14800 del 2019).