I contributi da versare devono essere calcolati sulla retribuzione effettivamente corrisposta, non sulla base delle retribuzioni convenzionali.
Il principio è stato riaffermato ancora una volta dalla Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con Sentenza del 30-05-2018, n. 13674, ha sancito il seguente principio di diritto:

Ai lavoratori italiani operanti all’estero alle dipendenze di imprese italiane, in Paesi extracomunitari con i quali non sono in vigore accordi di sicurezza sociale che consentono la deroga al principio di territorialità, deve comunque garantirsi una tutela previdenziale che il legislatore era abilitato ad individuare (ed è stata poi dettata dall’art. 4 D.L. 317/1987, con l’individuazione di un imponibile convenzionale). Ma ciò senza penalizzare la tutela previdenziale discendente dai principi generali, per i lavoratori italiani operanti in Paesi con i quali esistono accordi internazionali in materia di assicurazione sociale. Ed invero, mentre il versamento di contributi previdenziali commisurati su retribuzioni convenzionali, può ritenersi giustificato alla luce del principio di territorialità degli istituti di sicurezza sociale che non consente il pieno dispiegarsi della relativa normativa, in caso di lavoro in Paesi extracomunitari con i quali esiste una convenzione in materia di sicurezza sociale, una eventuale deroga al canone della normale determinazione della base imponibile contributiva solleva profili di irragionevolezza ed anche di diretto contrasto con il principio stabilito dall’articolo 35 Cost. secondo cui la Repubblica tutela il lavoro italiano all’estero

Il Commento – avv. Corrado Di Mattina
Le retribuzioni convenzionali sono state introdotte dalla Legge n. 398/1987, di attuazione del D.L. n. 317/1987; il loro fine era fornire una base di calcolo per i contributi dovuti per i lavoratori dipendenti italiani impiegati in Paesi con i quali l’Italia non avesse stipulato un accordo di sicurezza sociale, oppure per le assicurazioni non contemplate negli eventuali accordi esistenti.
Tuttavia, come è noto, successivamente, dal 2001, le retribuzioni convenzionali hanno assunto valenza anche in ambito fiscale, per effetto del comma 8-bis all’articolo 51 del DPR n. 917/86, di cui alla riforma in materia di reddito di lavoro dipendente prodotto all’estero, ex art. 36 della Legge n. 342/2000, che ha ristabilito il principio della c.d. world wide taxation, basato su una tassazione calcolata sulla retribuzione convenzionale per i redditi prodotti all’estero, previo rispetto di alcune condizioni.
Tornando ai soli meccanismi contributivi inerenti le tabelle convenzionali, il Ministero del Lavoro e l’Inps, sul cui schema interpretativo si è conformata buona parte della giurisprudenza, ritenevano che le retribuzioni convenzionali fossero applicabili ai fini previdenziali esclusivamente in caso di attività prestata in Paesi non convenzionati in applicazione della Legge n. 398/1987.
La tesi è stata osteggiata dalla dottrina, che, nelle posizioni prevalenti, ha sempre sostenuto l’applicabilità delle retribuzioni convenzionali anche ai fini previdenziali, indipendentemente dal luogo di lavoro (e quindi anche in Paesi “convenzionati“), tutte le volte in cui le condizioni previste dall’articolo 51, comma 8-bis, si fossero verificate (come noto, questa è norma di deroga alla disciplina ex art. 51 Tuir commi da 1 a 8 , relativa alla determinazione del reddito da lavoro dipendente). Ciò in ossequio del principio di “armonizzazione” delle basi imponibili fiscale e previdenziale.
Già con le proprie sentenze del settembre 2016 (Cass. Civ., Sez. Lav., n. 17646 del 06.09.2016), la Cassazione ha orientato differentemente la questione. Il principio enunciato è quello secondo cui “Le retribuzioni convenzionali, di cui all’art. 51, comma 8-bis, del T.U.I.R., hanno valenza esclusivamente fiscale. Di conseguenza, i datori di lavoratori che inviano dipendenti in Paesi che hanno sottoscritto accordi internazionali di sicurezza sociale, che consentono il mantenimento della copertura assicurativa in Italia, devono assumere come parametro per la determinazione della base imponibile contributiva le retribuzioni effettivamente corrisposte ai lavoratori all’estero, cui sono correlativamente commisurate, nelle forme e nei modi previsti, le prestazioni dovute”.

Tale principio è stato ribadito ancora da Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con Sentenza del 30-05-2018, n. 13674.